giovedì 22 ottobre 2009

Ha senso sottoscrivere polizze assicurative ramo vita?

I prodotti bancario-assicurativi, o polizze appartenenti al cosiddetto “Ramo Vita”, specialmente negli ultimi 10 anni, hanno ottenuto senza dubbio un notevole  successo di vendita.  Ciò è dovuto principalmente a due motivi: da una parte (quella degli intermediari), rappresenta una fonte di business senza paragoni a tutti i livelli (dalle società prodotto a scendere fino alla distribuzione); dall’altra (quella dei risparmiatori) permette di prendere posizione su mercati rischiosi, promettendo di corrispondere il rendimento di un paniere di titoli o indici (Index Linked) o di una selezione di fondi comuni d’investimento (Unit Linked), senza per questo rischiare alcunché, in quanto il capitale viene comunque garantito alla scadenza. Purtroppo, ogni tanto, quest’ultima affermazione viene messa,  in discussione per due ordini di circostanze diverse:
a)  alcune polizze, vendute  a migliaia di risparmiatori, erano garantite da soggetti finiti in default  (Lehman, Banche islandesi) e pertanto si è venuto a creare un contenzioso con le banche collocatrici;
b)  altre polizze di tipo Unit Linked, sin dall’origine, non prevedono affatto la garanzia del capitale (salvo, a volte, in caso di morte dell’assicurato) e pertanto devono essere assimilate a vere e proprie gestioni patrimoniali, con un soggetto in più, la Compagnia Assicurativa che lucra un ulteriore 3-3,5% annuo (oltre alla Sgr che gestisce i Fondi).
Da questa introduzione è facile desumere che, in linea di massima, con poche eccezioni  (es. le Polizze Vita emesse qualche anno fa con Gestione Separata al tasso tecnico del 3-4% e con consolidamento dei proventi),  i  Consulenti Indipendenti Fee Only consigliano ai loro clienti di stare accuratamente alla larga da questo genere di prodotti.
I motivi di tale idiosincrasia rispetto alle polizze suddette, sono quindi legati principalmente alla struttura dei costi e quindi alla totale inefficienza  per il cliente, mentre il “valore aggiunto” è solo a favore della controparte.  Spesso infatti  la somma dei costi supera il rendimento statistico atteso dalla struttura finanziaria che ci sta dietro.  Ma non solo.
In generale, quando una rete bancaria o un promotore, il cui mestiere è collocare prodotti, propongono una polizza, o qualsiasi altro prodotto finanziario/assicurativo, è opportuno porsi pochi ma essenziali quesiti:
1)  rispondono a un reale nostro bisogno? (quindi prima è necessario individuarli questi bisogni)
2)  abbiamo ben compreso le caratteristiche e la struttura finanziaria sottostante, oppure è così complessa e macchinosa da risultare incomprensibile?;
3)  il prospetto informativo (non la scheda sintetica) è stato attentamente letto, in modo da avere ben chiaro quanto ci viene a costare a livello di caricamenti impliciti, di costi di gestione della scatola (polizza) e delle scatole “cinesi” in essa contenute?  (non di rado possono costare il 4% e più annuo);
4)  come mai le polizze pure (non miste) del “Ramo Danni”  a cui molti sarebbero veramente interessati (visto che permettono di trasferire sulla Compagnia un rischio che non potremmo permetterci di tenere sulle nostre spalle) non vengono proposte da nessuno, mentre  veniamo continuamente “stimolati” a sottoscrivere un qualcos’altro (Ramo Vita) di cui non sentiamo affatto il bisogno?  Il motivo è presto detto: essendo ad alto contenuto finanziario, oltre a non garantire nessuna interessante prestazione assicurativa e tanto meno previdenziale, non possono risultare competitive sul piano del rapporto costo/opportunità  con altri strumenti finanziari ben più efficienti, come i Certificati, quotati sul mercato Sedex, che offrono strutture simili (capitale garantito)  ma costano molto meno. Oppure al mix obbligazione zero coupon ed etf azionari. Ma ovviamente nessuno li propone!
Ecco, se il risparmiatore riesce a darsi compiutamente tutte queste risposte, probabilmente non ha bisogno di un Consulente Indipendente. Viceversa, nel caso in cui dovesse emergere qualche criticità, beh, forse vale la pena pagare la parcella. Anche perché l’ammontare di questa risulta sempre decisamente inferiore rispetto al costo “occulto” che il risparmiatore sosterrebbe, senza esserne consapevole, mettendo una firmetta con troppa leggerezza.

Giuseppe Andreoli – Studio Andreoli & Taccuso – Mantova
gandreoli.ifa@gmail.com

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